Fleur de Miraval. Ecco perché la private label di Brad Pitt funziona.
Una buona norma da mettere in pratica quando si intende realizzare un progetto vincente, ma non nuovo nel suo genere, è quella di migliorarne il lato artistico e, se possibile, valorizzarne una parte per rendere esclusivo il progetto.
Questa sorta di sineddoche pragmatica più che letteraria, i Brangelina sembrano averla recepita, e messa in atto, con le loro maison vinicole in Provenza e in Champagne, acquistata per 28 milioni di euro nel 2008.
Mettiamo per un momento da parte i prodotti, ovvero i vini, e concentriamoci sul marketing e sulla comunicazione. Partiamo dalla Miraval, tenuta e cantina che i due attori hanno in Provenza e che conducono per il mezzo della famiglia Perrin.
Il Sito Internet de Miraval
La narrazione degli elementi che caratterizzano il prodotto vino è affidata a un video tanto breve quanto carico di valore e narrazione. La narrazione non è quella classica e stereotipata, che gioca sui soliti discorsi quali l’appellazione di riferimento, le uve, l’esposizione, il suolo e così via, bensì gioca su l’estremizzazione di un racconto, sia testuale che visuale, dei fondamentali.
Così il concetto di suolo è portato in risalto dal frammentarsi di un quarzo, rigorosamente rosato – in barba alle caratteristiche geologiche reali del suolo provenzale – il concetto di esposizione è tramutato nella personificazione della luce in una sorta di musa ispiratrice, e quello della passione è guidato dalla narrazione storica della cantina, una volta studio di registrazione.
Pochissimi i testi presenti, tante le immagini estremamente ricercate e curate.
Il sito è probabilmente incompleto di tutte le referenze, ma forse proprio in questo è precursore di ciò che analizzeremo più tardi.
La bottiglia de Miraval
Bottiglia dalla forma che può piacere o non piacere, ma che sicuramente si distingue. Stampo esclusivo con nome del marchio in rilievo sul fondo, trasparenza per esaltare il colore rosato in linea con la tendenza provenzale, etichetta minimale, ma con elementi in oro che la impreziosiscono, e la capsula che li richiama.
Il lavoro di narrazione ed esaltazione del marchio svolto dalla bottiglia non termina qui. Ad affiancare il Miraval c’è il Muse de Miraval, che esce in ogni vintage con un’edizione speciale in vetro satinato e texturizzato, e naturalmente prezzo super-premium.
La collezione termina con il Miraval Bianco e lo Studio. Quest’ultimo connotato da una bottiglia che si differenzia per geometrie dalle precedenti, mantenendone però la colorazione.
Lo Champagne di Brad e Angelina
Passiamo invece allo Champagne, ovvero la private label Fleur de Miraval Rosé – la cui creazione è stata affidata alla Maison Péters – il vino «nato dopo cinque anni di lavoro, ricerca e degustazione svolti nella massima segretezza», come ci fa sapere Rodolphe Péters, a guida della cantina produttrice a Le Mesnil-sur-Oger.
Dichiarazioni che sembrano quasi appositamente orchestrate per aggiungere valore al valore. Casualità?
Restiamo con il beneficio del dubbio. Tuttavia, grazie alle sue qualità da un lato e grazie alla sua narrazione dall’altro, lo Champagne di Brad Pitt e Angelina Jolie i 95 punti di Andreas Larsson se li è portati a casa. Non vogliamo agire con malizia chiedendoci se il giudizio sia reale o di favore, ma anche se fosse, sappiamo che per certi vini dal valore e il posizionamento elevato anche questo lavoro di referenza e riconoscimento è indispensabile.
Per la loro private label di Champagne rosato, l’ex coppia hollywoodiana ha scelto una base composta da 75% di Chardonnay e 25% di Pinot Nero. 30 mesi sui lieviti e un prezzo d’uscita di 340€.
La bottiglia dello Champagne Fleur de Miraval
Etichetta minimal ma con tutti gli elementi di pregio al posto giusto. Pochi fronzoli e decori, in linea con le etichette di Champagne di moderna ispirazione, come a voler sottolineare un atteggiamento di superiorità veicolato da un principio di sottrazione: sono Champagne e sono Miraval e non c’è bisogno di aggiungere altro.
Etichetta per certi versi simile ad un incrocio tra un Ruinart e un Taittinger Comtes de Champagne.
Logo molto fine e intrigante, carta patinata rosa, lamina perimetrale in oro rosa e caratteri in rilievo con gel UV.
Il vetro è una champagnotta classica, con una capsula nera in cui ritroviamo il logo dell’etichetta. Nel complesso, la sua sobrietà non sminuisce l’eleganza e la personalità di questa bottiglia.
In sostanza il vino e lo Champagne di Brad Pitt e Angelina Jolie non sono, in nessun loro elemento, dei marchi che la toccano piano, per esprimerci in termini popolari.
Eufemismo a parte, nulla è lasciato al caso, tutto è studiato egregiamente dall’agenzia che li guida e li consiglia, dal marketing alla grafica, passando per la comunicazione e la vendita.
Miraval incarna gli oneri e gli onori che due nomi del genere portano in dote. E se è facile pensare che l’approvazione – almeno da parte del popolo dei consumatori – avrebbe potuto essere scontata, ricordiamoci anche che la critica avrebbe potuto essere spietata.
Perché ciò non è avvenuto? Perché, nel progettare il loro vino a marchio privato, i due attori hanno curato tutto nei dettagli e non sono caduti nell’errore di imitare tale e quale qualcosa di già visto o di scimmiottare un brand di successo.
Insomma, se devi fare una cosa, falla bene o non farla.
Bene, non benissimo. È recente infatti (parliamo di Febbraio 2022) la vendita da parte della Jolie della sua quota di azioni oligarca russo Yuri Shefler.
Tutto lecito e plausibile quando si arriva ad investire in marchi e aziende di successo. Se non fosse che nessuno dei due titolari avrebbe potuto vendere le proprie azioni senza il consenso dell’altro socio in affari, fa sapere Pitt.